Per chi pensa che parcheggiare l’auto nel posto riservato ai disabili possa procurare soltanto una sanzione amministrativa, prevista dal secondo comma dell’art. 158 del Codice della Strada, è bene che legga la sentenza recente della Suprema Corte[1] che, invece, ha ritenuto il ricorrente colpevole del delitto di cui all’art. 610 cod. pen. per avere parcheggiato la propria autovettura in uno spazio riservato a una determinata persona, affetta da gravi patologie. Chi occupa il posto riservato ai disabili è colpevole perché sa di togliere qualcosa a chi ne ha bisogno, e in questa direzione si è mossa la Corte di Cassazione.
Alla attenzione degli Ermellini la vicenda di un uomo condannato in primo grado, con sentenza confermata in sede di appello, per il reato di violenza privata previsto dall’art. 610 cod. pen., per aver occupato uno spazio riservato dal Comune appositamente a una persona, affetta da gravi patologie, alla quale era stato così impedito di usufruire del parcheggio riservatole, peraltro per un lungo lasso di tempo, esattamente dalle 10.40 alle 2.20 del giorno successivo quando la Polizia municipale, più volte allertata, era intervenuta a rimuovere il mezzo.
Fallito il tentativo d’alibi, mancando la prova dell’utilizzo del mezzo da parte del figlio e della nuora, i giudici di Piazza Cavour operano un preciso distinguo a seconda che lo spazio sia riservato genericamente ai disabili ovvero che sia riservato espressamente ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute: solo nel primo caso la condotta del ricorrente avrebbe integrato la violazione dell’art. 158, comma 2, Codice della strada, «che punisce, appunto, con sanzione amministrativa, chi parcheggi il proprio veicolo negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli di persone invalide». Nel secondo caso infatti, «alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l’impedimento al singolo cittadino a cui è riservato lo stallo di parcheggiare lì dove solo a lui è consentito lasciare il mezzo».
Sussiste dunque l’elemento oggettivo del delitto contestato come anche quello soggettivo, tenuto conto che l’imputato, avendo visto la segnaletica, era cosciente di lasciare l’autovettura in un posto riservato ad una specifica persona, così impedendole di parcheggiare nello stesso spazio, e non per pochi minuti, visto che aveva parcheggiato l’autovettura la mattina, prima delle 10.40, fino a notte inoltrata (2.00) quando l’autovettura veniva finalmente rimossa, ma coattivamente, dalla polizia locale.
Al ricorrente anche le spese processuali.
[1] Pen. Sez. V, 23.02.2017, n. 17794